I GATTI NELL’ARTE DI TUTTO IL MONDO

I GATTI NELL’ARTE DI TUTTO IL MONDO

I GATTI NELL’ARTE DI TUTTO IL MONDO

Quale, tra i numerosi piccoli felini selvatici che vivono in Europa, Asia, Africa o America, avrà dato origine al gatto domestico? In quale periodo sarà avvenuta la domesticazione? La risposta a queste domande non è ancora sicura: vi sono infatti moltissime ipotesi.

FOSSILE GATTOAlcuni Fossili attestano la presenza del gatto in tempi antichissimi. Ossa di gatto risalenti a 10.000 anni fa, per esempio, sono state ritrovate assieme a quelle di altri animali in una grotta sui Monti Sandia, nel Nuovo Messico. Reperti archeologici di 8.000 anni fa, venuti alla luce nell’Anatolia sud-occidentale, ci dimostrano che a quell’epoca tra l’uomo e il gatto vi era già amicizia. La paleontologia, tuttavia, può accertare la presenza di un animale in un certo periodo, ma non aiuta a stabilire quando iniziò l’addomesticamento.

Arte orientale

In Oriente i gatti hanno sempre goduto di molta considerazione da parte degli artisti, dalla Persia e dall’India fino alla Cina divennero simboli di potere e comando. Man mano che si diffondeva verso est il gatto domestico conquistava un posto nell’arte.

Gatto dell’Antico Egitto.egitto.okkio

statuetta bronzea 722-332 a.C,
statuetta bronzea 722-332 a.C,

Le prime rappresentazioni pittoriche sono quelle che lo immortalano nelle vesti di una divinità, nell’antico Egitto, e da qui probabilmente trae origine il suo atteggiamento altezzoso e impertinente. 
 Animale sacro nell’Antica civiltà Egizia, il gatto veniva venerato e rappresentato, bellissimo e regale, in numerosi manufatti ed opere d’arte. Sono tante le antiche statuette feline provenienti dall’Antico Egitto: alcune di queste erano oggetti votivi, altre delle vere e proprie urne per piccole mummie di gatti. Quella in foto è una statuetta bronzea databile al periodo 722-332 a.C, conservata oggi al Museo Egizio di Torino.La dea Bast, conosciuta anche come dea Bastet, era il simbolo della femminilità nell’antico Egitto.

La dea Bastet o Bast era un’antica divinità della mitologia egizia raffigurata generalmente con il corpo di donna e la testa di gatto: una divinità dai tratti solari, simbolo della vita, della fecondità e della maturità, venerata per la sua forza e la sua agilità. Per ottenere un favore dalla dea Gatta gli Egizi avevano la consuetudine di offrire del pesce prelibato al proprio gatto, che amavano tenere in casa, vezzeggiato e trattato con ogni riguardo.

Talmud Babilonese

Non ci è giunta nessuna testimonianza di pitture o sculture Assiro Babilonesi che attestino o neghino l’esistenza dei gatti in quel periodo: sono stati rappresentati cani, tori e leoni, ma non c’è traccia di questi felini. Solo l’ antico Talmud Babilonese, uno dei testi sacri dell’ Ebraismo, redatto in aramaico nelle accademie rabbiniche della Mesopotamia, tra il III e il V secolo, tra i suoi insegnamenti civili e religiosi parla delle ammirevoli qualità dei gatti e ne incoraggia l’allevamento “per aiutare a mantenere pulite le case”.

Arte Araba

MUEZZAI musulmani tenevano il gatto in grande considerazione perché animale di Maometto, secondo un’antica leggenda. Le immagini dei gatti provenienti dal Medio Oriente sono molto rare perché l’Islam non ammette il concetto di arte figurativa. Nei dipinti di anonimi artisti ottomani del Trecento sono raffigurati gatti domestici in scene della Bibbia ma in ruoli secondari. Nell’arte orientale i gatti più ritratti sono quelli bicolore e gli squama di tartaruga con bianco, probabilmente perché i preferiti dai viaggiatori dell’epoca.

In Indiashashthi gatto

In India il gatto è simbolo di nobiltà e ricchezza. La maggior parte delle opere artistiche che ritraggono questi felini sono di natura religiosa, come ad esempio un’opera che ritrae la dea della fertilità Shashthi  a cavallo di un gatto.

In Thailandia

I thailandesi hanno sempre amato i gatti tanto che dipingevano magnifiche scene su papiri per illustrarne la varietà di colori e forme. Le numerose copie manoscritte dei Cat Book Poems, risalenti al Cinquecento, rappresentano gatti pointed e dai tanti colori.
Cat Book PoemsDurante la Dinastia Sung (960/1279) i gatti comparvero per la prima volta nell’arte cinese come simbolo di corte e prestigio, come nell’opera “Commedia Primaverile” in un giardino Tang che raffigura micetti che giocano tra i fiori. Nel Cinquecento il gatto diventò un soggetto comune negli smalti e nelle lampade di porcellana.

gatti giapponeIn GiapponeCatsTokaidoKUNIYOSHI

Nei dipinti e nelle xilografie dell’antico Giappone compaiono i gatti a squama di tartaruga in compagnia di bellissime donne. L’artista più rappresentativo fu Utagawa Kuniyoshi (1797/1861) che dipinse gatti con estrema precisione, la sua opera più celebrè Cinquantatre stazioni di Tokaido, dove ogni stazione è rappresentata da un gatto.

Nell’arte Americana

Nelle opere americane il gatto non era che una figura secondaria presente occasionalmente in quadri d’arte popolare. Daniel Merlin (Francia, 1861-1933)Ma l’inizio del Novecento segnò una nuova era, gli artisti americani scelsero spesso proprio i felini come soggetti delle loro opere. In America verso la fine dell’Ottocento il gatto non è più simbolo di paganesimo ma diventa simbolo di bellezza e modernità. I gatti sono ritratti nelle opere spesso in compagnia di bambini. L’opera più famosa a tema felino è Cats and Kittens di Daniel Merlin (Francia, 1861-1933) che raffigura una scena domestica con una gatta e i suoi cuccioli.

Nell’arte Europea

In epoca greco-romana i gatti passarono in secondo piano dopo leoni e tigri.

Cipro

E’stata scoperta una tomba risalente al 7.500 a. C. nella quale fu seppellito un gatto selvatico accanto a un essere umano.

Erotodo e Antica Grecia

gatto greciaNell’ antica Grecia il ruolo del gatto non fù mai così importante come quello del leone o del cane. Il gatto si ritagliò però un piccolo spazio nella letteratura greca di Erotodo (484-430 a. C.) che lo descrisse con senso favolistico e gusto estetico. Erotodo raccontò anche l’arrivo e la diffusione dei gatti in Grecia grazie ad abili mercanti che li rapirono agli egiziani causando non pochi incidenti diplomatici tra i due paesi. Persi i privilegi ed il suo ruolo divino, arrivando in Grecia il gatto venne apprezzato più come animale curioso, da compagnia, ma non come animale da utilità, poichè per la caccia ai topi si preferivano le piccole e fameliche donnole, solo più tardi si capì che il gatto poteva essere più adatto a questo scopo.

Antica Roma

Se i Greci furono i primi ad importare il gatto dall’Egitto, i Romani lo conobbero molto più tardi, ma ne seppero apprezzare subito le doti sia come animale da lavoro che da compagnia. In particolare negli scavi di Ercolano e Pompei, importanti città di epoca romana, sono stati rinvenuti resti di ogni genere di animale, ma non del gatto a dimostrazione che i felini, animali arguti, fuggirono alle prime avvisaglie del terremoto, mettendosi in salvo. Ma la loro esistenza è testimoniata dal ritrovamento di un mosaico che raffigura un gatto mentre afferra un volatile.

gatto pompei
Gatto della Casa del Fauno

 

Su un pannello musivo rinvenuto della casa del Fauno di Pompei, risalente al II secolo a.C., oggi al Museo Archeologico di Napoli, un piccolo gatto, in una forma antica di natura morta, azzanna un volatile per divorarlo. Piccolo e agile, il felino di epoca romana sta in realtà rubando dalla dispensa la cacciagione, ma è qui rappresentato con occhi dolci e con tenerezza che suggeriscono l’amore e l’indulgenza per il gatto, ormai già animale domestico.

Antica Francia

Gatto e nimismatica 1I GATTI NELL'ARTE DI TUTTO IL MONDONumismatica: Medaglia francese del 1968 con gatto. Sul dritto è rappresentato il muso di un gatto in basso rilievo visto di fronte. Sul retro è raffigurato un gatto in primo piano che doma un cobra. Sullo sfondo si stagliano le piramidi con i due simboli del sole e della luna e la scritta “Ami du Soleil Venu de la Nuit des Temps”.

Alcune tradizioni del Nord Europa prevedevano il seppellimento di gatti,vivi, nelle fondamenta della casa, in modo che il loro spirito potesse poi vegliare su chi abitava all’interno delle mura e in Polonia erano arsi vivi durante alcune cerimonia nuziali, come simbolo di buon augurio.


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FONTE ==>> http://www.tuttosuigatti.it/arte.html
FONTE ==>> http://www.veterinariogennaro.it/news.php?id=36
FONTE ==>> http://www.fanpage.it/i-gatti-piu-famosi-della-storia-dell-arte/
FONTE ==>> http://web.tiscali.it/acquabranda/origini_e_storia_del_gatto.htm

YAHWE

YAHWE

Quando si parla della figura di Yahweh ogni risorsa comunemente disponibile é strettamente legata alla tradizione biblica o, nei rari casi più antichi, alle manifestazioni del culto yahwista di poco precedente l’ epoca comunemente accettata per l’ origine dei libri biblici. Pur se i racconti della bibbia, in particolar modo l’ Esodo, si riferiscono a tempi di molto precedenti la redazione dei libri, e quindi si colloca il personaggio Yahweh in quei tempi, per trovare traccia scritta del nome di Yahweh in una lingua standardizzata bisognerà aspettare il VII secolo a.C. e stranamente il nome é scritto non in elamita o aramaico ma in assiro.
 YAHWE
Per intenderci, l’ Esodo che é stato collocato dai vari autori tra il 15e il 13 secolo a.C., ci presenta l’ esordio del nome di Yahweh, ma il libro che tratta di quest’ esodo é stato scritto circa 7 secoli dopo, dunque la testimonianza scritta del nome e della figura di Yahweh é relativamente recente rispetto a tutto l’ arco storico biblico.
Ciò rende difficile inquadrare la figura di Yahweh nel contesto della fase iniziale della storia del popolo di Israele, poichè nei secoli in cui si sarebbe verificato l’ esodo non ci sono testimonianze scritte riguardanti Yahweh stesso.
Se il personaggio Yahweh viene messo in relazione alle divinità semitiche dell’ ovest i cui nomi compaiono spesso nelle iscrizioni canaanite, aramee, babilonesi ed ebree (per esempio Ya, Yami, Yauwilum, Yaw) é possibile che si tratti di una delle divinità canaanite minori presenti in tavole cuneiformi ritrovate a Taanach e risalenti sicuramente a prima del 20 secolo a.C.; eppure non esistono prove conclusive e definitive di testimonianze di scrittura cuneiforme del nome Yahweh prima dell’ 8 secolo a.C.
Tuttavia sembra che Yahweh sia stato una delle divinità del deserto adorate dai Keniti prima di essere incontrato da Mosè nel periodo dell’ Esodo. Ciò ci giunge da un documento nel ‘regno del nord’ nel libro dell’ Esodo, e dalle tradizioni sacerdotali successive.
D’ altra parte nella narrativa giudaica si afferma che il personaggio Yahweh fosse conosciuto agli antenati di Israele sin dai tempi di Enoch. Si noti comunque che si tratta, come già detto, di una letteratura ‘postuma’. Le narrative di questo genere non spiegano come mai i regni del nord, non immersi nel Yahwismo fino al periodo dell’ Esodo, dovessero far risalire l’ origine del culto Sinaitico proprio a Yahweh. Se in fin dei conti, nel periodo risalente a circa il II millennio, i regni del nord di Israele non avevano un culto di Yahweh paragonabile a quello che aveva Mosè nel XV secolo, perchè questi stessi popoli fanno risalire a Yahweh il culto del Sinai? Una analisi di questa problematica viene affrontata dal professor H. Rowley il quale afferma che furono solo le tribù che condivisero l’ esodo con Mosè ad affermare e condividere il culto yahwista, ma nemmeno lui stabilisce un perchè. Ad ogni modo le narrative canaanite e giudaiche ci presentano la figura adorata nel culto yahwista come una figura profondamente diversa, per esempio, da quella di Osiride in Egitto o Tammuz e Marduk a Babilonia, o ancora Aleyan-Baal a Canaan. Fu solo quando la Palestina divenne ufficialmente la ‘terra di Yahweh’ che le tradizioni ebree e canaanite vengono assimilate come a formare il risultato di un miscelamento di tradizioni paragonabile a quello che si ha tra invasori e indigeni. Nell’ invasione ebraica nelle terre canaanite, gli ebrei impararono da loro le tradizioni agroculturali e ‘tecnologiche’ integrando la tradizione canaanita con la propria dottrina religiosa spirituale.
Questo interscambio di culture e tradizioni produce l’ avvento di un culto sinaitico marcatamente rivolto a tradizioni di fertilità, creando una sorta di parallelo con le altre figure divine presenti in Mesopotamia.
Ma quanto possiamo fidarci delle testimonianze del I millennio a.C. che descrivono il culto di Yahweh già in periodi risalenti al II millennio o ancora precedenti? Una traccia dell’ origine di Yahweh a mio avviso è rimasta in alcune frasi riportate nell’ Esodo. La frase che Yahweh pronuncia a Mosè: “Ad Abramo e Isacco mi presentai come El Shaddai […] ma il mio nome Jahwe loro non conobbero” ci riporta alla mente che la figura di El Shaddai era un ‘dio delle Montagne’ e del deserto, coerentemente con quanto tramandato dai regni del nord di Israele che lo propongono come divinità presso i Keniti. Questa tribù era provveniente dall’ asia minore e viene descritta come ‘gente abile nella lavorazione dei metalli’. Se si ritiene veritiera questa identificazione dei Keniti, la presenza di Yahweh (sotto altro nome) nella loro tradizione precedente l’ epoca di Jethro e Abramo può permetterci di ipotizzare che il culto di questo ‘proto-Yahweh’ venisse dalle regioni mediorientali più a est, quasi ai limiti dell’ Anatolia.
Questa serie di considerazioni e testimonianze provvenienti dalla tradizione si ricollegano ai concetti espressi nell’ articolo riguardante la ‘Nascita di Jahweh’ , in particolar modo rafforzando quanto in quell’ articolo detto sulle figure di Ish.Kur ed Enlil.

FONTE ==> http://gizidda.altervista.org/religioni/ancientyahweh.html

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