ENUMA ELISH IL MITO BABILONESE DELLA CREAZIONE

ENUMA ELISH IL MITO BABILONESE DELLA CREAZIONE

ENUMA ELISH

IL MITO BABILONESE DELLA CREAZIONE

Le parole Enûma Eliš o Enuma Elish, equivalgono alle prime parole del poema “Quando lassù…”.
E’ un poema Teogonico e Cosmogonico, in lingua accadica, appartenente alla tradizione religiosa babilonese, che tratta in particolar modo il Mito della Creazione e le Imprese del Dio Marduk.
E’ il testo scritto più antico mai documentato sulla creazione e, invece di essere annoverato tra i più validi testi di studio, viene censurato e dimenticato come tutta l’Epica Babilonese e Proto-Babilonese.

marduk e tiamat ENUMA ELISH IL MITO BABILONESE DELLA CREAZIONELa versione originale di questo poema, è di data incerta e di autore totalmente sconosciuto, poichè presso i babilonesi non si teneva conto della paternità delle opere letterarie di nessun tipo (=>Vedi Datazione).

Dal punto di vista letterario ha un linguaggio altamente poetico e molto raffinato, che fa pensare alle classi colte. Ogni distico (strofa formata da una coppia di versi) consta di due emistichi (ciascuna delle due parti in cui un verso è suscettibile di ripartizione), separati da una specie di cesura (è la denominazione che in metrica definisce ogni demarcazione ritmica statisticamente significativa all’interno di un verso sufficientemente lungo), che non coincide solo con la pausa del ritmo e del respiro, ma anche con il senso di ciò che si dice.
I racconti Babilonesi contenuti nell’Enuma Elish, come nel caso dell’ “Epopea di Gilgamesh”, derivano da una versione originale ancora più antica; quella “Sumera”, alla quale, dopo l’improvvisa e inspiegabile scomparsa (o forse evacuazione) della Sumeria a causa del “Vento di Ur” (Esplosione atomica, di cui ne troviamo traccia anche nella Bibbia), i Babilonesi ne saranno i loro diretti prosecutori.

Come abbiamo già accennato prima, l’Enuma Elish si rivela essere un misto di Teogonia e di Cosmogonia. Essendo ogni Divinità associata ad un Pianeta o a una Stella secondo le usanze sumere e babilonesi; infatti i Sumeri solevano descrivere la creazione di tutte le cose in “Chiave Mitologica”, ma nello stesso tempo conoscevano perfettamente il Sistema Solare e la sua origine. Anzi, conoscevano qualcosa che oggi noi stentiamo a credere: la presenza di un pianeta chiamato Nibiru.

Inoltre, l’Enuma Elish, riesce a conformare le vicende degli dei e le loro battaglie rispettivamente alla fisica dei corpi celesti e alle loro collisioni,
I protagonisti sono gli “Dei” che, attraverso battaglie e divine alleanze, donano all’opera una struttura epica e avvincente, con tanto di ribellioni, uccisioni e trionfi.
I nomi di questi Dei sono attribuibili ai nomi dei pianeti; le azioni degli dei, le loro decisioni, le loro alleanze, le uccisioni coincidono incredibilmente con i moti dei corpi celesti, con le attrazioni reciproche dovute alle forze di gravità, con le loro orbite, con le loro inevitabili collisioni.
Si ottiene così un forte parallelismo tra epica e documentazione scientifica di cosmologia.

AKITù
Akītu

Queste divinità presentano caratteri antropomorfici, ma il racconto è permeato di Simbologie Astrali dell’ultimo periodo della religione mesopotamica, anche se non conosciamo con precisione il significato di questi riferimenti astrali.
Ogni dio rappresenta un carattere naturale, e lo si vede specialmente nel conflitto fra Marduk e Tiamat; il primo rappresenterebbe la primavera, il secondo l’inverno.
Il mito infatti si celebrava in primavera, per propiziare il favore degli dei sulle seminagioni: può essere il racconto del sorgere del sole (Marduk) e del suo affermarsi all’orizzonte, con riferimento all’anno che sorge. Ma l’antropomorfizzazione è talmente evoluta che si fatica a riconoscere il significato che sta dietro al racconto. Anche le prime divinità, che si riferiscono all’acqua, potrebbero avere un significato legato al ciclo delle stagioni, ma potrebbero avere anche un significato di vittoria del bene sul male, dell’ordine sul disordine.

L’Enuma Elish o “Poema della Creazione” veniva recitato durante “l’Akītu“, il quarto giorno della Festa del Capodanno di Babilonia, come Inno di Propiziazione.
L’Urigallu, il Gran Sacerdote, lo declamava davanti alla statua di “Baal” (Marduk), verso sera. In quell’occasione le statue degli altri dei dovevano restare coperte, per deferenza verso il Dio Nazionale, Marduk. Lo scopo dell’inno era pertanto celebrativo, della capacità di Marduk come ordinatore del cosmo, capacità che gli ha permesso di salire da un secondo rango di divinità fino ad essere di diritto il capo del Pantheon.
le sette tavolette dell'enuma elishL’opera è composta da Sette Tavole (la settima parte, ricordiamo, è la celebrazione dei nomi di Marduk e appare quasi come a se stante) contenenti tra le 115 e le 170 versi ciascuna e, oltre a quello celebrativo, ha anche un significato astrale con lo scopo di descrivere la cosmogonia.
Per conservare la divisione il Poeta a volte chiude nel bel mezzo di un’azione una certa parte, per proseguire l’azione nella parte successiva.

L’epopea può essere divisa in Cinque Parti:
⦁ la Genealogia degli Dei, che è certamente sumera, con qualche lieve aggiunta,
⦁ la Vicenda di Ea e Apsu (Mito Eridiano del Drago),
⦁ il Mito del Drago,
⦁ il Racconto della Creazione,
⦁ e l’Inno dei Cinquanta Nomi.

La sua traduzione ci regala una delle versioni più affascinati della creazione; è un patrimonio dell’umanità di inestimabile valore!!!


==>> DATAZIONE DEL POEMA 

==>> TRADUZIONI DELLE TAVOLETTE  1′  2′  3′  4′  5′  6′  7′ 

==>> SINOSSI DELLE TAVOLETTE

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==>> VEDI ANCHE “IL LIBRO PERDUTO DI ENKI”

GLI “SHEM” E I RECINTI SACRI

GLI “SHEM” E I RECINTI SACRI

MU - MONETA DI BIBLO2

Il re sumero Gudea, festeggiando la costruzione del tempio in onore del suo dio Ninurta, scrisse che gli era apparso «un uomo fulgido come il cielo… con un elmetto sulla testa: certamente un dio». Durante questa apparizione, Ninurta, accompagnato da altri due “dèi”, stava in piedi dietro il suo “divino uccello di vento nero”. Come risultò poi evidente il tempio era stato costruito prevalentemente allo scopo di fornire una zona riservata, un riparo cintato e sicuro per questo “uccello divino”.
Per la costruzione del recinto, riferisce Gudea, furono necessarie travi enormi e grosse pietre importate da lontano. Solo quando l’Uccello divino” fu posto all’interno del recinto, il tempio fu considerato finalmente ultimato. Una volta la suo posto, l’”uccello divino” poteva “impadronirsi del cielo” e riusciva a “unire Cielo e Terra”. La sua importanza era tale che esso era costantemente sorvegliato da due “armi divine”, armi che emettevano fasci di luce e raggi mortali.

Negli antichi testi si trova anche la descrizione di alcuni veicoli usati per portare gli aeronauti nei cieli.

Gudea affermò che, quando l’uccello divino si innalzava sopra le terre. «gettava luce sui muri di mattoni».

Il recinto protetto veniva chiamato MU.NA.DA.TUR.TUR (“la forte pietra dove riposa il MU”).
Urukagina, sovrano di Lagash, disse riguardo al “divino uccello di vento nero”: «Il MU che emana luce come un fuoco, io l’ho fatto alto e forte».
Analogamente, Lu-Utu, che regnò a Umma nel III millennio a. C., costruì un luogo per un mu, «che emana una specie di fuoco», per il dio Utu, «nel luogo consacrato all’interno del suo tempio».
Il re babilonese Nabucodonosor II, vantandosi di aver ricostruito il recinto sacro di Marduk, disse che all’interno della fortificazione, fatta di mattoni bruciati e onice lucente:

<< Ho innalzato la testa della barca ID.GE.UL. Il Carro del principato di Mardul; La barca ZAG.MU.KU, che si vede avvicinarsi, la suprema viaggiatrice tra Cielo e Terra, ho chiuso nel mezzo del recinto, schermandone tutti i lati.>>

ID.GE.UL, il primo nome utilizzato per descrivere questa “suprema viaggiatrice” o “Carro di Marduk”, significa letteralmente “alto fino al cielo, luminoso di notte”. 
ZAG.MU.KU, il secondo nome con cui viene citato il veicolo riposto nello speciale recinto, significa “lo splendente MU fatto per andare lontano”.

Abbiamo le prove che un mu – un oggetto conico, dalla sommità ovale – era effettivamente contenuto nel recinto sacro, quello più interno, dei templi dei Grandi Dei del Cielo e della Terra.
MU - MONETA DI BIBLOSu un’antica moneta trovata a Biblo (la biblica Gebal), sulla costa mediterranea dell’odierno Libano, è raffigurato il grande Tempio di Ishtar. Sebbene la moneta lo mostri com’era nel I millennio a. C., possiamo comunque ritrovarvi gli elementi base dell’originario tempio di millenni prima, visto che gli antichi usavano ricostruire infinite volte i templi nello stesso luogo e secondo gli stessi criteri del piano originario
Dalla figura si vede che il tempio era diviso in due parti.
Anteriormente vi era la struttura principale, imponente con il suo ingresso a colonne;
dietro c’è una corte interna, o “area sacra”, nascosta e protetta da un muro alto e massiccio.
Il tempio si trovava in posizione sopraelevata ed era raggiungibile solo salendo una scala.
Al centro dell’area sacra vi è una speciale piattaforma fatta di travi incrociate (sul modello, per intenderci, della Torre Eiffel), che sembra fatta apposta per sostenere un peso ingente.
E su questa piattaforma sta l’oggetto di tutto questo apparato protettivo, un oggetto che non può essere altro che un mu.
Come la maggior parte delle parole sillabiche sumeriche, mu aveva un significato primario: “ciò che sale dritto”.
Nell’uso comune, poi, il termine assumeva una trentina di sfumature diverse, da “alture” a “fuoco”, da “comando” a “periodo di tempo circoscritto”, fino a significare, in tempi più recenti, “ciò per cui uno è ricordato”.

Un inno a Inanna/Ishtar e ai suoi viaggi sulla Barca del Cielo dimostra che il mu era il veicolo con il quale gli dei giravano in lungo e in largo per il cielo:

<<Signora del Cielo: Ella indossa il suo Abito del Cielo E arditamente sale verso il Cielo. Al di sopra di tutte le terre abitate Ella vola nel suo MU. La Signora che nel suo MU Gioiosamente vola fino alle vette celesti. Al di sopra di tutti i luoghi in pace Ella vola nel suo MU.>>

É provato che i popoli del Mediterraneo orientale avevano visto tali oggetti simili a razzi non soltanto nei recinti dei templi, ma addirittura in volo.

MU - GLIFI ITTITIAlcuni glifi ittiti, per esempio, mostravano, sullo sfondo di un cielo stellato, missili in volo, razzi montati su rampe di lancio e un dio all’interno di una camera radiante.

Parlando dei recinti più interni dei templi o dei viaggi celesti degli dei, o persino dei casi in cui furono dei mortali a salire al cielo, i testi mesopotamici usano il termine sumerico mu o i suoi derivati semitici shu-ma (“ciò che è un mu”), sham o shem. Poiché queste parole indicavano anche “ciò per cui uno è ricordato”, il termine assunse gradualmente il significato primario di “nome”, e così è stato pressoché universalmente tradotto, anche quando lo si trovava in testi antichissimi in cui il termine veniva chiaramente usato nella sua accezione originaria, quella di “oggetto usato per volare”.

Così G. A. Barton (The Royal Inscriptions of Sumer and Akkad, «Le iscrizioni reali di Sumer e Akkad») fissò quella che divenne l’incontestata traduzione dell’iscrizione trovata sul tempio di Gudea:
«Il suo MU abbraccerà le terre da un orizzonte all’altro»  è diventata «Il suo nome riempirà tutte le terre».
Un inno a Ishkur, che esaltava il suo «“MU che emana raggi” in grado di arrivare fino al Cielo», è stata parimenti tradotta con «Il tuo nome è radioso e raggiunge lo zenith del Cielo».
Alcuni studiosi, poi, intuendo che mu e shem potessero indicare un complemento oggetto e non un “nome”, lo trattarono come un suffisso o una struttura grammaticale che non richiedeva traduzione, e così hanno completamente evitato il problema.

I traduttori biblici, che hanno indiscriminatamente tradotto shem con “nome” ogni volta che si sono imbattuti nel termine, non hanno evidentemente tenuto conto di un illuminante studio pubblicato più di un secolo fa da G. M. Redslob (in Zeitschrift der Deutschen Morgenlandischen Gesellschaft) nel quale l’autore affermava, a ragione, che i termini shem eshamain (“cielo”) derivano dalla radice shamah. Che significa “ciò che è rivolto in alto”.
Quando l’Antico Testamento ci dice che re Davide “fece uno shem” per affermare la sua vittoria sugli Aramei, diceva Redslob, certamente non “fece un nome”, bensì un monumento rivolto verso il cielo.
 
Una volta compreso che mu e shem in molti testi mesopotamici non vanno tradotti con “nome”, ma con “veicoli celesti”, si leggono sotto un’altra luce anche molte altre antiche storie, compreso l’episodio biblico della Torre di Babele. ===>>> BABELE

La terminologia sumerica per indicare gli oggetti connessi al volo celeste non si limitava al me indossato dagli dèi o al mu rappresentato dai loro “carri” conici.

MU - APINI testi sumerici che descrivono la città di Sippar ci dicono che essa aveva una parte centrale nascostaeprotetta da mura possenti, al cui interno si trovava il tempio di Utu, “una casa simile a una casa nei cieli”. In un cortile interno del tempio, anch’esso protetto da alte mura, stava «eretto verso l’alto, il possente APIN» (“un oggetto che si apre da sé la via”, secondo i traduttori). Un disegno trovato presso la collina del tempio del dio Anu a Uruk rappresenta tale oggetto. 

Qualche decennio fa avremmo avuto non poche difficoltà a capire di cosa si trattava, ma oggi sappiamo che esso è un razzo spaziale a diversi comparti, in cima al quale sta il conico mu, o cabina di comando.
Le prove che gli dèi di Sumer possedessero non soltanto “camere volanti” per aggirarsi nei cieli più vicini alla Terra, ma anche vere e proprie navicelle a razzo a diversi comparti emerge anche dall’esame dei testi che descrivono gli oggetti sacri del tempio di Utu a Sippar. Vi si dice infatti che alla corte suprema di Sumer i testimoni dovevano prestare giuramento in un cortile interno, vicino a una porta attraverso la quale potevano vedere tre “oggetti divini”: la “sfera d’oro” (forse la cabina dell’equipaggio?), il GIR e l’alikmahrati, un termine che letteralmente significa “avanzatore che fa muovere il veicolo”, cioè quello che noi oggi chiameremmo motore.
É più che probabile che ci troviamo di fronte a un riferimento alle tre parti di una navicella a razzo, con la cabina a modulo di comando a una estremità, i motori all’altra estremità e il gir al centro. Quest’ultimo era un termine molto utilizzato con riferimento a voli spaziali. Le guardie che Gilgamesh incontrò presso “il luogo di atterraggio” di Shamash erano chiamati uomini-gir; nel tempio di Ninurta, l’area interna sacra, la più sorvegliata, si chiamava GIR.SU (“dove compare il gir“). É ormai universalmente riconosciuto che gir era un termine utilizzato per descrivere un oggetto appuntito. Uno sguardo attento alla rappresentazione pittorica del termine ci consente di capire meglio la sua natura “divina”: ciò che vediamo, infatti, è un oggetto allungato, a forma di freccia, suddiviso in diverse parti scompartimenti:MU - freccia

Il fatto che il mu potesse rimanere sospeso da solo nei cieli più vicini alla Terra, o volare sopra la terraferma quando era attaccato a un gir, o ancora diventare il modulo di comando di un apin a comparti plurimi testimonia l’alto livello di ingegneria che gli dèi di Sumer, gli Dèi del Cielo e della Terra, avevano raggiunto.
A questo punto, se riguardiamo l’insieme dei pittogrammi e degli ideogrammi sumerici, non possiamo più avere dubbi sul fatto che chiunque abbia tracciato quei segni conosceva bene forme e funzioni dei razzi e delle relative scie di fuoco, dei veicoli simili a missili e delle “cabine” celesti.
MU - bocca del razzoKA.GIR (“bocca del razzo”)

indicava un gir o razzo pinnato, contenuto in una struttura sotterranea simile a un pozzo.

 

MU - dimora divinaESH (“dimora divina”)
era la camera o modulo di comando di un veicolo spaziale


MU - ascendenteZIK (“ascendente”)

 

Era forse un modulo ascendente in fase di decollo?

Diamo un’occhiata, infine, al segno pittografico che indicava gli “dèi” in lingua sumerica. La parola era composta da due sillabe: DIN.GIR. Abbiamo già visto che cosa significava il simbolo di GIR: un razzo pinnato a due comparti. DIN, la prima sillaba, significava “virtuoso”, “puro”, “luminoso”. Unite, dunque, le due sillabe DIN.GIR indicavano il concetto di “virtuosi degli oggetti luminosi, appuntiti”, o, più esplicitamente, “i puri dei razzi fiammeggianti”.
Questo era il segno pittografico per din:

MU - dinViene subito in mente un motore a reazione che sprigiona fiamme dalla parte posteriore, mentre quella anteriore è stranamente aperta. Proviamo ora a “scrivere” dingir combinando i due segni pittografici: scopriremo che la coda del gir pinnato si inserisce perfettamente nell’apertura frontale deldin!

MU - dingirEd ecco dunque lo sbalorditivo risultato: ci troviamo davanti a una vera navetta spaziale con razzo propulsore, munita di un modulo di atterraggio perfettamente agganciato: un meccanismo, dunque, non dissimile da quello dell’Apollo 11!

Si tratta di un veicolo a tre comparti collegati fra loro: il comparto propulsore contiene i motori, quello centrale i viveri e gli equipaggiamenti, mentre la conica “camera del cielo” ospita gli individui chiamati dingir, gli dèi dell’antichità, gli astronauti di tanti millenni fa.
A questo punto, possiamo avere ancora dei dubbi sul fatto che quando i popoli antichi parlavano dei loro Dèi del Cielo e della Terra intendevano riferirsi letteralmente a individui in carne e ossa, che erano scesi sulla Terra dal cielo?
Persino gli antichi compilatori dell’Antico Testamento, che dedicarono la Bibbia a un unico Dio, ritennero necessario ammettere la presenza sulla Terra, in tempi antichissimi, di tali entità divine.


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FONTE ==> http://www.art-litteram.com/index.php?option=com_content&view=article&id=60%3Ai-nefilim-il-popolo-dei-razzi-fiammeggianti&catid=31%3Alo-scrigno-dellarcano&Itemid=36&showall=1


 

UN DIO RAPPRESENTATO NEL MONDO

UN DIO RAPPRESENTATO NEL MONDO

Il Dio pagano rappresentato in tutto il mondo riscriverà la storia!

Richard Cassaro nel suo libro di recente pubblicazione “Written In Stone”, ci mostra come le prime culture del mondo, misteriosamente, condividevano la stessa icona religiosa. Dagli Egizi agli Assiri, dai pre-Incas agli europei, l’icona è onnipresente.

E’ il simbolo perduto di un dimenticata religione dell’Età dell’oro che fiorì a livello mondiale nel remoto passato?

First-Pic-God-SelfLa stessa icona incisa nella pietra in cima alle porte del tempio su lati opposti del mondo. 
A sinistra: Porta del Sole di Tiahuanaco, in Bolivia.
A destra: Tempio di Adriano a Efeso, in Turchia.

Per diversi decenni, gli studiosi tradizionali hanno insistito sul fatto che le prime civiltà del mondo sorsero separatamente e indipendentemente.
Questo studio getta seri dubbi sulla loro teoria, mostrando come le antiche culture di tutto il mondo sembrano aver seguito lo stesso sistema spirituale globale o religione universale. La stessa icona centrale sembra essere presente in moltissimi siti archeologici e altrettanti manufatti; l’icona trovata nelle rovine di tutto il mondo.
Qui sotto una serie di foto esplicative della teoria di Cassaro.

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Questa stessa icona religiosa esiste tra le rovine di tute le più antiche culture del mondo, questo sorprendente parallelo sconosciuto e privo di documentazione da parte del mondo accademico!
Con entrambe le braccia tese in direzioni opposte (destra e sinistra) un unico dio o una dea tiene “oggetti gemelli” in ogni mano, in modo simmetrico.
Questi oggetti sono di solito animali, spesso serpenti, ma a volte vegetali o bastoni magici. L’opera è quasi sempre perfettamente simmetrica, proprio come posa dell’icona.
Se le culture antiche si sono evolute separatamente, come gli studiosi ci dicono, allora perché questa stessa icona religiosa è presente in tutto il mondo?
Sembrerebbe che le antiche culture di tutto il mondo siano state “unite” nelle loro credenze spirituali, molto probabilmente come risultato di un “patrimonio culturale comune” derivante dalla preistoria.
Ma “uniti” come? Un “patrimonio culturale comune” come?
C’è stata una Età dell’oro dell’umanità nel nostro passato remoto, come i greci, gli indù e altri hanno sostenuto? Una sorta di Era della “Torre di Babele”, quando il mondo forse parlava una sola lingua?
Questa icona, insieme con la saggezza spirituale, fu “ereditata” da questa Età dell’oro?
“Signore degli animali” e “Dio dei bastoni”
È interessante notare che l’icona è stata parzialmente riconosciuta simile dagli studiosi di culture del Vecchio Mondo e culture del Nuovo Mondo.

VECCHIO MONDO

Tra gli studiosi delle culture del Vecchio Mondo l’icona si chiama:
Signore degli animali
Mastro degli animali
Signora delle bestie
Padrona degli animali
Signora degli animali selaggi
Potnia Theron
“Il Signore degli Animali (noto anche come Master of Animals) è un termine generico per una serie di divinità provenienti da una varietà di culture … Queste a volte hanno equivalenti femminili, la cosiddetta Signora degli Animali.”
-WikipediaWIKI2

NUOVO MONDO

Tra gli studiosi delle culture del Nuovo Mondo l’icona si chiama:
Dio deI bastonI
“Il Dio deI bastonI è una delle principali divinità nelle culture andine. Di solito raffigurato in possesso di un bastone in ogni mano … le sue altre caratteristiche sono sconosciute, anche se egli è spesso raffigurato con serpenti sul suo copricapo o sui vestiti. La più antica rappresentazione conosciuta di questo Dio è stata trovata su alcuni frammenti in un luogo di sepoltura nella valle del fiume Pativilca … e datati al carbonio al 2250 a.C. Questo la rende la più antica immagine di un dio trovata nelle Americhe.”
-WikipediaWikipedia

Nonostante abbiano riconosciuto l’icona nelle loro rispettive discipline, gli studiosi del Vecchio e Nuovo Mondo non sono riusciti:
(A) a riconoscere la presenza dell’icona in tutto il mondo;
(B) a capire il senso di questa presenza in tutto il mondo;
(C) a collegare i punti (a) e (b) e e riconoscere che l’icona è IL SIMBOLO PERDUTO UN CAPO DI ANTICA RELIGIONE UNIVERSALE una volta conosciuta in tutto il mondo.
Proprio come il semplice crocifisso esprime una dottrina metafisica completa che esprime temi complessi come “sacrificio”, “vita”, “morte” e “resurrezione”, allo stesso modo questo Dio che stringe in mano animali o bastoni codifica una sola dottrina metafisica multiforme o religione universale.
Secondo Cassaro:”Questa religione si riferisce a verità spirituali e permanenti su chi siamo, da dove veniamo, perché siamo qui e dove stiamo andando, come vedremo tra un attimo”.
Per ora, diamo un’occhiata a come l’icona appare misteriosamente in una serie di manoscritti esoterici e alchemici pubblicati e tranquillamente circolati nel corso degli ultimi secoli.

CONTINUA ==> L’ICONA DEI MANOSCRITTI ESOTERICI <==


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LA NASCITA DI SATANA

LA NASCITA DI SATANA

Siamo tutti abituati a considerare Satana come un’entità malvagia, dotata di determinati poteri che ha lo scopo fondamentale di combattere Dio, sottrargli le nostre anime, e per mezzo della tentazione ci fa peccare e quindi ci condanna all’Inferno.
Questo “essere maligno” ci viene sempre descritto, e raffigurato, come un essere ferino, mezzo uomo e mezzo animale, con gambe e corna da caprone, e a volte munito di ali piumate o di pipistrello, ma stranamente egli era l’Angelo più amato e splendente di Dio, che in seguito alla sua ribellione è stato cacciato dal paradiso e “buttato giu” sulla terra.
Quindi questo Satana/Lucifero/Belzebù, che ci racconta la Chiesa, è un essere “splendido”? o è una “bestia immonda”??

Immagine
Risposta….. “Era Bellissimo e Perfetto” e dopo la caduta, è diventato “Immondo”!! (??) …
… e questa “mutazione”, infatti, la osserviamo perfettamente col passare dei secoli, e vediamo che, inizialmente, all’epoca paleocristiana, aveva un bell’aspetto ed era più incantevole, fino ad tramutarsi nel tardo medioevo in quell’essere animalesco che tutti conosciamo (simile all’antico dio agreste Pan? …si, esso influì moltissimo a conferire l’aspetto bestiale e terrificante al diavolo).

Ma da dove arriva questo mito?
In effetti, della sua origine ne sappiamo ben poco, o meglio ancora per sentito dire.
Nella Bibbia la parola “Satana” appare solo 47 vole, e si vuole attribuire la sua origine nei versetti di Isaia, 14,12 “Come mai sei caduto dal cielo, o astro mattutino (Lucifero), figliuol dell’aurora?! Come mai sei atterrato, tu che calpestavi le nazioni?!”
Ma questi versetti, che continuano fino al num. 20, in realtà alludono alla caduta del re di Babilonia, Baldassar, che va in rovina con tutta la sua arroganza (ennesima incongruena -copiata, scritta e riveduta- del Libro Sacro ispirato da Dio).

Ma passiamo ora ad un Simbolo/Icona fondamentale di Satana, cioè il “Serpente”.

Inannzitutto è doveroso dire che il serpente in passato e in moltissime culture, ha sempre avuto un valore positivo, esso cambia le pelle e si rinnova, ma in ognuno di noi richiama alla memoria il “tentatore” per antonomasia, colui che tentò Eva nell’Eden.
Nelle prime raffigurazioni sumere, questo animale, viene chiamato Bur o Buzur, parola che in quell’antica lingua significa “dio che scioglie i segreti”.
In ebraico serpente viene tradotto “Nahash”, ma in realtà il suo vero significato è, guarda caso, “colui che scioglie i segreti”.
In arabo invece lo stesso termine si dice “Al Ayyah” che darà poi inizio al culto di ad Allah e significa “vivificante” ossia “colui che da la vita”.

Ma solo se andiamo ad analizzare la storia archeologica possiamo capire cosa sia successo 4000 anni fa quando iniziò a diffondersi l’ ebraismo, e ad avere il sopravvento sulle altre religioni della Mesopotamia.

Sappiamo che l’ebraismo, nella sua fase iniziale (II millennio a.C.) era per lo più una religione enoteista, cioè che aveva una divinità principale (El/Enlil) ma che riconosceva anche le divinità dei paesi in cui si diffondeva, come quella camita di stampo Enkita (che adoravano Enki, fratello di Enlil), ma col passare del tempo questa ebbe la meglio sulle altre religioni finendo per bandire le divinità non affini e quindi diventare monoteista, fino ad arrivare a qualche secolo fa, con un gruppo di individui che ha voluto creare due personaggi fittizzi, Yahweh e Satana, che hanno portato avanti, con metodi subdoli, una nuova concezione di “Santo” e “Demone” e che dura fino ai giorni nostri.

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Pur essendo Satana un personaggio “relativamente nuovo”, che nasce iconograficamente con il Cristianesimo, le antiche e recenti fonti ci vengono in aiuto per quanto riguarda l’ identificazione dei due personaggi principali; la personalità di Yahweh viene creata fondendo diversi “dei” Anunnaki, di entrambe le stirpi, mentre per forgiare il personaggio di Satana ne sono stati usati fondamentalmente quattro, i cui caratteri sono stati fusi in un’ unica entità dalle presunte e molteplici sfaccettature. 

Questi sono Enki e i suoi tre figli, Marduk, Ningishzidda e Dumuzi.

enkiIl primo e più importante dei 4 è Enki, uno dei massimi signori Anunnaki, il grande scienziato, sapiente signore che conosceva ogni cosa (…se c’era, a Sumer, un personaggio dal quale Yahweh poteva rubare la caratteristica dell’onniscenza, era proprio Enki), e figlio maggiore di Anu, ma non era l’ erede ufficiale poichè il titolo spettava ad Enlil (Signore del vento); ed Enlil era il padre di Ishkur (anche loro identificati con Yahweh).

Enki era un signore benevolo, giusto, rigoroso anche se parecchio libertino, ben disposto nei confronti degli uomini, fu lui infatti, insieme alla sorellastra Ninmah, a creare l’ uomo, inoltre salvò l’ umanità dal Diluvio, e donò ai popoli due importanti conquiste: la scrittura e il calcolo del tempo.

Nei sigilli veniva rappresentato quasi sempre con dei getti d’ acqua che fuoriuscivano dalle spalle contenenti dei pesci, ma il simbolo che lo rappresentava per antonomasia era il SERPENTE.
Sigillo della TentazioneLa sua più famosa raffigurazioni è forse quella di una tavoletta chiamata ‘Sigillo della Tentazione’, in cui Enki compare seduto dinanzi a una donna, tra loro un albero, e dietro il dio appunto un serpente.
(Facile dedurre che Enki é il ‘proto-satana’ per eccellenza)

 


Poi abbiamo MARDUK, che era il figlio primogenito di Enki, nato dall’ unione con Damkina. Sposato con Sarpanit (mezza umana) aveva almeno un figlio: Nabu.

marduk con dragoneMarduk era assocciato all’ ariete in Egitto, ove era venerato con il nome di Ra e poi Amon-Ra (il Ra nascosto / lontano), e nelle sue rappresentazioni é quasi sempre accompagnato dal serpente dragone Mushushu.
Eterno rivale della fazione Enlilita, Marduk caratterialmente era iracondo, guerrafondaio, superbo, orgoglioso e ribelle, ed è dunque servito a modello per la creazione di Satana.

Un’altro modello perfetto per identificare Satana, è Ningishzidda, ma non nella concezione di “diavolo” o “demone” medievale, ma piuttosto in quella di “donatore di luce” e quindi il Lucifero Paleocristiano.

Tutti i sumerologi concordano nel collegare Ningishzidda all’Abzu, il “mondo inferiore”, territorio enkita.
Una delle sue rarissime rappresentazioni lo ritrae con due serpenti cornuti che spuntano dalle sue spalle, oppure con un bastone al quale stanno attorcigliati due serpenti (Caduceo).
A questo signore Anunnako si attribuisce la costruzione di almeno tre centri megalitici sparsi per il globo: le piramidi di Giza, Teotihuacan, e Stonehenge.
drago apocalisse-alatoPer gli Egiziani egli era il dio Thot, mentre per per gli Aztechi era Quetzalcoatl, il dio ‘serpente piumato’ o ‘serpente alato’. Il serpente era il simbolo della sua appartenenza alla dinastia enkita mentre l’ uccello rappresentava il falco degli dei sumeri e l’Ibis egiziano (in effetti non possiamo non pensare al Drago Leviatano e al fatto che Satana nell’ Apocalisse venga descritto come drago con 7 teste, 10 corna, e 7 diademi).

Quindi ciò che lega Ningishzidda a Satana/Lucifero sono le sue sapienti conoscenze, il suo essere così pratico del “mondo di sotto” (espressione e figura mitologica che serviranno secoli dopo a creare il concetto di “Inferno”) e l’ associazione con i serpenti cornuti e con i draghi. 
 

dumuziInfine abbiamo DUMUZI figlio minore di Enki e famoso per il suo fidanzamento con Inanna.
Nella lista degli Dei sumeri egli viene ricordato come “il Dio Pastore”, egli era infatti strettamente legato ai campi, agli animali, alle attività della terra.
Anche lui era associato al serpente, ma anche agli animali come la capra, e non c’ é dubbio che sia stato proprio lui a servire per la creazione del dio Pan e, forse, addirittura del Kernunno.
Era quindi il personaggio perfetto dal quale attingere per creare quel lato ‘pagano’ di Satana tanto caro a stregoni, studiosi di occultismo e di paganesimo inteso come contatto con le “forze della natura”.

EVOLUZIONE SATANA

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Dunque finora abbiamo trovato le tracce di alcune delle caratteristiche fondamentali di Satana:
 – il Serpente, simbolo che contraddistingue tutta la stirpe enkita.
 – la parte creatrice e libertina attraverso Enki;
 – la parte guerrafondaia, superba, orgogliosa, battagliera attraverso Marduk;
 – il legame con il mondo di sotto e la sapienza delle cose scientifiche e civilizzanti attraverso Ningishzidda;
 – e infine il lato Pagano delle forze della natura di Dumuzi;
Le basi per un’entità ostile ci sono, manca solo la demonizzazione del “Serpente”; e questo avvenne a Babilonia durante la schiavitù ebraica.

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FONTI ==> http://ningizhzidda.blogspot.it/2012/10/la-nascita-di-satana.html

            ==> https://it-it.facebook.com/FunpageGagliotta/posts/561474963916282

IL PLAGIO DELLA TORRE DI BABELE

Il plagio della Torre di Babele.

Anche questo racconto della Bibbia, seppur di poche righe, contiene una traccia utile a identificare la storia Sumera.
Nella Bibbia mentre Nimrod che con il suo popolo si è stanziato nella “Valle di Shinar”, costruisce una città con la torre, “Dio” dopo aver visto ciò che gli uomini avevano creato si rende conto che essi si erano totalmente civilizzati da pensare non più come un “popolo” o come tribù, e vede in questo un pericolo.
Il Signore prende quindi una decisione ed esorta altri non precisati dei a seguirlo (?): Gensi 11,7 Orsù, scendiamo e confondiamo quivi il loro linguaggio, sicché l’uno non capisca il parlare dell’altro!’
Subito dopo questa esortazione ci viene raccontato di come il Signore confuse le loro lingue, e scacciò gli uomini in varie zone della terra.

Il corrispondente racconto sumero racconta la medesima storia, ma qui il protagonista è Marduk che, dopo il suo esilio, insieme a suo figlio Nabu si dirige nelle terre di Canaan, dove raggruppa dei seguaci si avvia in Mesopotamia dove fonda una nuova città, Babilonia nella quale costruisce una grande torre a gradini (una Ziggurat). Fu allora che En.Lil, considerandolo un affronto al suo ruolo, decide di intervenire per scacciare Marduk, e lancia un appello a suo padre Anu e a Damkina, madre di Marduk, ma entrambi gli rifiutano il loro appoggio.
Infine Enlil insieme suo figlio Ninirta rade al suolo la città e disperse il popolo di Marduk.

Al di la quindi degli epiteti e dei nomi, abbiamo gli stessi elementi che identificano il racconto biblico con quello sumero; la costruzione di una città con la torre, l’appello di un (singolare) dio ad altri dei (Ninurta, Anu e Damkina), la distruzione della torre, e la dispersione del popolo in varie terre.

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